
Come si fa a raccontare con un’etichetta un prodotto complesso e dalla storia secolare?
Serve il giusto mix di ingredienti: un forte radicamento al territorio, radici solide di tipo culturale e una conoscenza delle eccellenze del territorio. Solo così il risultato sarà un progetto dalla forte identità, che protegge e rinnova una tradizione antica in cui si è in grado di riconoscersi e proporsi al mondo.
Le etichette che analizzeremo oggi sono dei casi molto particolari, perché se è vero che le etichette raccontano delle storie, queste non si limitano a comunicare un territorio o il suo produttore, ma veicolano una cultura del fare che resiste al passare del tempo con risultati di assoluta eccellenza, riconosciuti ovunque. Parliamo di Filu Ferru, un distillato di acquavite delle Distillerie Lussurgesi.

Le Distillerie Lussurgesi nascono a Santu Lussurgiu, comune della Sardegna in provincia di Oristano. Ancora oggi in questo laboratorio artigiano si respirano i profumi e le atmosfere di una volta.
“Tra gli alambicchi e le botti di rovere si ripetono gesti antichi e si incrociano sguardi intensi e sinceri, che sanno dire più di mille parole.”
Il processo di distillazione del vino, nel paese di Santu Lussurgiu, è certificata fin dal Seicento. In particolare la produzione delle abbardenti – che significa letteralmente “acqua che arde, che prende fuoco, molto forte” – nel territorio di Santu Lussurgiu e Monte Ferru, si peculiarizza per la distillazione esclusiva del vino, mentre nel panorama isolano sono note anche le grappe, cioè distillati di vinacce.

La linea Filu Ferru si compone di sei etichette, le cui abbardenti sono distillate da vini bianchi freschi e da varietà a bacca rossa, scelti per la loro struttura e per le loro qualità organolettiche. È un prodotto esclusivo, di fascia medio/alta; gli ingredienti di alta qualità e la dovuta maestria delle tecniche di preparazione non possono che conferirgli una qualità Premium. Anche il curioso nome che porta ha più di centocinquant’anni di storia. Filu Ferru, letteralmente “filo di ferro”, risale alla pratica dei produttori sardi di nascondere la distillazione clandestina, quando nella seconda metà dell’Ottocento la produzione di superalcolici era pesantemente tassata. Prima di sotterrare i fiaschi o le damigiane piene di acquavite, però, erano soliti ancorarli con un fil di ferro abbastanza lungo da fuoriuscire dal terreno; un segnale per il successivo recupero.
Packaging e Brand Identity sono state curate da Francesco Sogos, un nome non certo sconosciuto tra gli addetti ai lavori, socio professionista Aiap (Associazione italiana per il design della comunicazione visiva) in attività dal 1995 e operante in provincia di Cagliari. Il progetto grafico elaborato da Sogos è stato premiato con l’etichetta d’argento al 23° Vinitaly Design Int’l Packaging Competition.

Il concept è semplice e gioca con l’associazione delle due eccellenze territoriali: la distillazione dell’acquavite e l’arte del ferro battuto.
“Distillare vino è stato più che un’attività economica, una vocazione. Ogni famiglia aveva il suo alambicco e negli anni del proibizionismo si è sfidata la legge pur di continuare a produrre acquavite di vino. Piegare il ferro, forgiarlo, è un mix di passioni e di creatività che da quando il paese esiste ci regala oggetti funzionali e ricercati. Mettere insieme due espressioni della bellezza lussurgese è stato naturale.”

Sull’etichette sono così riproposti macinini per il caffè, coltelli a serramanico, forbici per tosare, antichi oggetti del sapere sardo alla cui bellezza estetica coincide un valore funzionale e a volte anche una funzione magica, come ad esempio il Battente:
“Nato come oggetto di uso pratico, al battente (…) gli veniva attribuito il potere prodigioso di allontanare e vanificare le influenze cattive che potessero in qualche modo danneggiare la casa e chi vi abitava. Per questo motivo la maggior parte delle raffigurazioni dei battenti mostrano facce minacciose di persone o di animali feroci come fiere, draghi e serpenti. (…) un valido esempio di come l’arredo esterno possa rendere le abitazioni più belle e capaci di esprimere la personalità di chi le abita.”
La tipografia gioca con le immagini, con un buon gioco ritmico che smarca e a volte si sovrappone alle illustrazioni dei manufatti della tradizione Lussurgese. L’aspetto dell’etichetta in bobina, è gradevole con una stampa in quadricromia neutra, rotta dall’utilizzo del pantone che enfatizza Nome e Marchio. La carta fa davvero la differenza, restituendo una sensazione di artigianalità al progetto, con una nuance crema e una vergatura al tatto. Si tratta di una Carta Fasson Martele adesiva, una carta senza legno particolarmente resistente al ghiaccio dei cestelli da vino e flessibile da poter essere applicata ai colli di bottiglia.

Etichette di pregio che hanno il compito di proteggere, giorno per giorno, un’eredità.
Prossimamente avremmo il piacere di scambiare due chiacchiere con Francesco Sogos mentre per apprendere di più sull’animo del progetto vi invitiamo a leggere qui.
Link utili:
Francesco Sogos
Distillerie Lussurgesi